20 maggio 2018

«Il giardino dell''umano. Conversazione con Anna Rita Scolamiero» di Doriano Fasoli



Anna Rita Scolamiero è counselor formatore-supervisore ad indirizzo psicosintetico. Si è formata presso la Società Italiana di Psicosintesi Terapeutica (SIPT) di Firenze e da circa 15 anni è iscritta al Coordinamento Nazionale Counsellor Professionisti (CNCP). Consulente d’impresa per la selezione, formazione e valorizzazione delle persone, interviene nelle aziende per facilitare i processi di cambiamento e lo sviluppo organizzativo, realizzando anche progetti di Responsabilità Sociale d’Impresa. Conduce seminari e docenze dedicati all’evoluzione interiore e all’espressione dei talenti professionali. Con Massimo Tomassini e Pietro Trentin è autrice del libro Il giardino dell’umano. Counseling di gruppo nelle organizzazioni, edito da Alpes nel 2017, sul quale si incentra questa nostra conversazione.

Doriano Fasoli: Com'è nata l'idea di questo libro, Il giardino dell’umano, pubblicato in questi giorni da Alpes?

Anna Rita Scolamiero: Il volume nasce dalla nostra comune volontà di introdurre nel mercato editoriale italiano un’opera sul counseling organizzativo che fosse il frutto di esperienze reali, da noi realizzate negli ultimi anni all’interno di contesti socio-organizzativi. Il libro, a nostro parere, rappresenta per questo motivo una novità nell’ambito della saggistica inerente il counseling aziendale, metodologia per lo sviluppo delle persone nei sistemi socio-organizzativi. Abbiamo scelto un approccio orientato alla concretezza, offrendo testimonianze e strumenti di utilità pratica; a conferma di ciò, viene lasciato ampio spazio alla descrizione di un’esperienza quadriennale di counseling di gruppo, che riteniamo unica in Italia, da noi realizzata in una grande realtà dell’amministrazione pubblica, la Sogei S.p.A. Ulteriore fattore di novità è rappresentato dalla presenza di 50 «schede attività» per l’applicazione in ambito professionale di quanto descritto. 

Per sintetizzare, il volume è finalizzato ad illustrare, approfondire, contestualizzare il counseling di gruppo aziendale, evidenziando il valore di questa metodologia innovativa per lo sviluppo e l'empowerment delle persone nelle organizzazioni, attraverso una trattazione teorico-metodologica valorizzata dal racconto di esperienze concrete.

A quale pubblico è rivolto?

Il volume si rivolge principalmente ai counselor, ma risulta di potenziale interesse per tutti gli operatori HR del mondo consulenziale e aziendale, quali responsabili del personale, responsabili dello sviluppo del personale, consulenti, HR manager, coach, formatori dell’area comportamentale, facilitatori. Si tratta di una popolazione, quella dei counselor, in forte crescita negli ultimi anni, che sta maturando un interesse specifico verso il counseling aziendale nelle sue reali applicazioni e strumenti.

Com’è impostato il lavoro?

Il libro, come dicevamo, è finalizzato ad approfondire e contestualizzare il counseling di gruppo aziendale, affiancando alla riflessione teoretica l’illustrazione di prassi, anche internazionali – descrivendo in particolare il progetto quadriennale di counseling di gruppo realizzato in Sogei – e la descrizione manualistica di decine di schede/attività di counseling immediatamente spendibili nei contesti socio-aziendali. Un’esperienza di counseling importante, quella da noi realizzata in Sogei S.p.A., azienda partecipata del Ministero dell’Economia e delle Finanze con 40 anni di storia e più di 2.000 dipendenti. Il servizio di counseling di gruppo ha coinvolto 300 persone (2014-2018) ed ha rappresentato il modulo più importante di un programma di sviluppo triennale dedicato al management Sogei (dirigenti e quadri) denominato «Training and Development Center», realizzato da due importanti realtà della consulenza direzionale: Praxi e GSO.

Questo intervento di counseling è stato premiato nel 2016, nell’ambito del XIII Convegno Nazionale della Formazione nella Pubblica Amministrazione con il Premio Filippo Basile per la sezione progetti formativi. Il Premio Filippo Basile viene organizzato ogni anno dall’Associazione Italiana Formatori, con la finalità di mettere in luce e valorizzare modelli di lavoro eccellenti, progetti innovativi per la formazione e lo sviluppo delle risorse umane nella pubblica amministrazione; siamo stati molto contenti di aver contribuito a questo importante riconoscimento ricevuto da Sogei.

La rilevanza di questo progetto nell’ambito delle esperienze di counseling di gruppo aziendale italiane è evidenziata non soltanto da questa «segnalazione di eccellenza», né si limita a valutazioni di natura quantitativa, sebbene si parli di quasi 300 persone coinvolte tra manager e quadri e centinaia di giornate di counseling di gruppo. La sua importanza è soprattutto legata ad aspetti qualitativi, che riguardano le scelte metodologiche, i risultati ottenuti, l’ampio panorama di pratiche realizzate e descritte nel libro. Viene inoltre presentato il percorso che i vari approcci di studi socio-organizzativi hanno sviluppato nel corso del XX secolo, per arrivare ai giorni nostri e all’attenzione che il counseling sta ricevendo all’interno dei contesti sociali, delle comunità e delle imprese.

La parte forse più innovativa del libro, come detto, è però rappresentata da un capitolo interamente dedicato a 50 schede di «attività di supporto al counseling di gruppo», sperimentate dai counselor organizzativi e pertanto documentate sia come prassi, sia come riferimenti teorici e metodologici. Queste schede possono risultare di grande utilità per chi intende sperimentarsi, o proseguire, nella propria attività di counselor nei contesti organizzativi.

Quali sono le tematiche trattate?

Vengono approfonditi diversi aspetti riguardanti la natura e le finalità del counseling di gruppo organizzativo (CGO), rivolto in primo luogo alla dimensione personale della partecipazione al lavoro, in una prospettiva ulteriore rispetto a quella della «gestione delle risorse umane» tradizionalmente intesa. La dimensione personale – in cui convergono aspetti eterogenei, di natura cognitiva, emozionale e sociale – è sempre più sfidata dalle recenti evoluzioni degli assetti organizzativi (anche come riflesso delle evoluzioni nelle tecnologie, nella cultura, nella società e nell'economia). Diventa quindi necessario adottare prospettive che consentano di collegare la crucialità della dimensione personale, sia ad aspetti rilevanti dei processi di individualizzazione delle responsabilità e delle performance, sia a fattori profondi del rapporto tra agency personale e struttura organizzativa.

Una riflessione in particolare viene offerta su alcune risorse personali, dimensioni interiori che rappresentano fattori chiave del processo di crescita e trasformazione sollecitato dal counseling di gruppo aziendale. L’ascolto profondo, l’intuito, l’empatia, l’accettazione, la dimensione spirituale, vengono proposte come tematiche di riferimento fondamentali per una piena comprensione della metodologia e della visione ampia ed interdisciplinare che la anima. 

Uno dei motivi dell’attuale affermazione di questa metodologia nelle imprese italiane riteniamo derivi proprio dalla sua capacità di considerare l’evoluzione umana in una molteplicità di dimensioni e istanze, non ultime quelle di natura spirituale o, per meglio dire, esistenziale: attraverso un contatto più profondo con i propri valori, con la propria vita interiore, i partecipanti al counseling trovano nuove motivazioni e significati, sviluppano la consapevolezza di sé e incrementano la qualità delle proprie relazioni con gli altri, con l’ambiente e, ancor prima, con sé stessi.

Inoltre, in linea con queste tematiche, nel libro viene trattato un indirizzo di pensiero di particolare ispirazione per il counseling di gruppo organizzativo, il presencing Teoria U, metodologia per la crescita individuale, sociale, organizzativa sviluppata da Otto Scharmer con i suoi colleghi del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Il presencing si sta affermando in questi ultimi anni a livello globale come filosofia capace di intercettare un bisogno evolutivo e di innovazione presente a tutti i livelli: individuale, socio-economico, organizzativo. Offre interessanti spunti applicativi e concettuali in grado di arricchire e valorizzare l’intervento di counseling di gruppo aziendale. 

Un altro elemento di focalizzazione che viene proposto nel libro è quello relativo alla dimensione corporea dell’apprendimento e della consapevolezza, tema che ha trovato nelle esperienze in outdoor un terreno particolarmente fertile di sviluppo.

Esiste un qualche schema che possa aiutare a comprendere le coordinate concettuali dell’intervento di CGO?

L’ipotesi che abbiamo formulato (presentata nel capitolo 2 del libro) è che valga la pena considerare i soggetti dell'intervento – intesi sia come singole persone sia come gruppi – in quanto attori di dinamiche imperniate su specifiche configurazione di una cultura organizzativa e messe continuamente alla prova sia dai fattori attinenti al fondo percettivo-emozionale di ogni individuo sia dai fattori della relazionalità.

Ogni organizzazione è caratterizzata da una propria cultura nella quale si intrecciano aspetti espliciti, in particolare: artefattinormesimboli, e altri aspetti, i valori, in alcuni casi enfaticamente narrati (es. il servizio al cliente, come fondamento della mission e delle regole verso l'esterno e all'interno), in altri casi ben noti ma tramandati silenziosamente: (es. i valori che consentono di fare carriera o che sanciscono la supremazia di alcuni gruppi su altri).

Altri aspetti al confine con i precedenti sono gli assunti di base che formano il tessuto più profondo dell'organizzazione, interiorizzati dalle persone e quindi da tutti ‘dati per scontati’. Questa interpretazione della cultura organizzativa (dovuto al noto studioso di organizzazioni Edgar Schein) spiega molti dei comportamenti tipici delle persone e dei gruppi: per tutti la cultura aziendale funge da «grande Altro» nel quale si annidano le regole della comunicazione e prendono corpo i fenomeni di identificazione grazie ai quali ciascun membro dell'organizzazione prende posto in essa, dovendosi adeguare (in modo più o meno di successo) al proprio ruolo. Il ruolo inteso come sé sociale (socialmente riconosciuto e definito in relazione al sistema culturale, in modo più o meno univoco a seconda dei diversi tipi di organizzazione), si trova così giustapposto alla persona, sostenuta da un corpo e da percezioni e emozioni (spesso misconosciute e represse). Questa giustapposizione genera in molti casi il noto effetto del ‘pilota automatico’ per cui si continua a vivere e lavorare (a volte in condizioni faticose e deleterie) mettendo tra parentesi il senso di tale vivere e lavorare e i prezzi da pagare in termini di stress e frustrazioni. La persona, in questo senso, è qualcosa di molto distante dall'idea di un soggetto a tutto tondo, perfettamente auto-consapevole: è invece più che altro un sé minimale composto da strati corporeo-emozionali e auto-costruzioni immaginarie, tenuto insieme per dare una base alle istanze del sé sociale, spesso in modo altamente contraddittorio.

Su questo asse ruolo/persona il CGO ha un ruolo importante da giocare, a supporto di processi di auto-realizzazione non stabiliti a priori (per ipotesi, non ci sono obiettivi formalizzati da conseguire), ma scoperti e continuamente ri-definiti dai partecipanti via via che per essi si accresce la consapevolezza della possibilità di sbloccare qualche situazione e di aprire gli occhi su realtà (anche elementari) che la forza dell'abitudine spingeva a intendere entro i soliti schemi. Il lavoro del CGO è sui singoli partecipanti, spinti in primo luogo a ‘sentire’ le proprie emozioni e i propri condizionamenti e emozioni e, poi, anche a riflettere cognitivamente. Ma è un lavoro che si svolge attraverso il gruppo, rappresentativo della dimensione gli altri. Con gli altri, per l'effetto di sospensione generato dallo spazio protetto in cui si svolgono i vari giochi e esercizi del CGO, è possibile per ognuno entrare in rapporti diversi dall'usuale rapporto tra ruoli. Rapporti (di gioco, di apertura, di esplorazione) che consentono di riscoprire ad esempio le potenzialità dell'ascolto, il significato ultimo della presenza come esserci per un altro, il valore della reciprocità e della comunanza a prescindere dalla collocazione organizzativa e dall'etichetta di ruolo-competenza.

Il lavoro di CGO non ha lo scopo di istruire analisi di «punti di forza e punti di debolezza». Essendo privo di obiettivi standardizzati – come è invece il caso del coaching – non deve tendere a cambiare qualcosa o qualcuno ma solo a lasciar accadere alcuni processi (es. il riconoscimento reciproco, il superamento di pregiudizi, la serena accettazione dei limiti di tutti e di ognuno). Processi possibili ma tenuti congelati dalla combinazione di regole scritte e non scritte e di rigidità comportamentali accumulate nel tempo.

Il CGO si pone la questione del potere nelle organizzazioni? A chi conviene la coltivazione del «giardino dell'umano»?

Il fondamento di tutto quanto sopra è essenzialmente fenomenologico-esperienziale. Il CGO dà spazio a sequenze di attivazioni gruppali in cui si realizzano azioni elementari (come può essere il caso del costruire in gruppo un patchwork di cartone e ritagli di giornale), grazie alle quali è possibile scoprire riflessivamente nuovi significati e si pongono – pur se mediatamente – le condizioni per lasciare andare vecchie abitudini e metri di giudizio. La parola chiave dell'intera intrapresa è consapevolezza. Lo sviluppo della consapevolezza è tutt'altro che privo di esiti cognitivi, ma si attiva a partire da dimensioni extra-cognitive, grazie alle quali possono affiorare gli effetti dell'inconsapevolezza come modalità tipicamente sostenuta dal pilota automatico individuale (replicato per attori) e dagli equilibri di potere intra-aziendali.

Un aspetto interessante è che le aziende scoprono un utile in tutto ciò. Quanto più si liberano dai condizionamenti burocratici e puntano alla sostanza degli obiettivi concreti cui sono legati i fattori di sopravvivenza e sviluppo, tanto più hanno bisogno di rimaneggiare i sistemi di ruolo standard e di dare spazio alle componenti personali e creative della performance. Quello dell'individualizzazione è un processo fondamentale nelle compagini organizzative – come pure nei sistemi economici in generale – evidenziato da una vasta letteratura sia manageriale sia critica. In forza di tale processo – di importanza crescente all'aumentare della complessità non più assorbibile dai meccanismi gestionali dell'organizzazione tradizionale – all'azienda può convenire di spostare la complessità sulle persone. Persone che però vanno intese anche nelle loro dimensioni emozionali, cui conviene concedere gradi di libertà da cui possono attivarsi nuovi livelli di produttività e performance. 

Ai singoli, agli individui, può viceversa convenire di stare al gioco per diversi motivi, scoprendo che si può vivere meglio la propria vita di lavoro e, anche, che attardarsi sui vecchi schemi è la premessa di rischi di obsolescenza e esclusione. La capacità etica del counselor prende valore a livello di tali convenienze individuali/gruppali: si tratta di contribuire a tenere acceso anche un livello macro di consapevolezza, riguardo ai grandi processi in atto e alle trasformazioni dell'umano che essi comportano. La garanzia sta nel dire le cose come stanno: ogni manipolazione in questo tipo di giochi è destinata a durare l'espace d'un matin, a far seccare del tutto il giardino anziché assecondare il suo rifiorire attraverso nuovi equilibri.


(Aprile 2018)



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